Lo
tsunami Gelmini
Perugia,
30 aprile 2009
Lo
tsunami Gelmini si è abbattuto mercoledì 29 aprile 2009 sull’Istituto Professionale "Marco Polo" di Bastia Umbra
(Perugia), quando si è diffusa la notizia che molte classi
sarebbero state soppresse: classi quarte e classi quinte. E anche un
corso dei due attualmente esistenti - Turistico e Aziendale - dovrà
essere eliminato.
Il
Preside - che ora si chiama Dirigente Scolastico - ha riunito
studenti e insegnanti e ha comunicato ufficialmente la notizia,
aggiungendo che, nella sola provincia di Perugia, dovranno essere
soppresse più di 120 classi, secondo le direttive ministeriali
all’Ufficio Scolastico Provinciale in ottemperanza alla cosiddetta
"Riforma Gelmini" (che sarebbe più corretto chiamare
"Riforma Tremonti").
Grande
è stato il disorientamento e lo sconcerto degli studenti che, per
la prima volta, hanno potuto toccare con mano gli effetti di tale
"riforma". Il prossimo anno scolastico molti di loro
dovranno continuare il corso in un’altra scuola di Perugia, oppure
interrompere gli studi.
Quello
che mi ha più colpito, però, è stato lo sgomento dei giovani
colleghi precari, quelli con incarico annuale. Lo si leggeva nei
loro occhi, lo si percepiva dalle loro poche pacate parole. Non
c’era rabbia, ma la dignitosa disperazione di chi sa che tra un
mese cesserà di percepire uno stipendio e non intravvede
all’orizzonte la prospettiva di un nuovo incarico. Giovani con
famiglia, professori competenti e appassionati, che si sono dedicati
all’insegnamento investendo risorse umane e materiali, ai quali
improvvisamente si sbatte la porta in faccia. Stessa situazione per
i precari del personale ATA, dove l’età media è più alta, ma
identici sono lo sgomento e la tristezza.
Ma
tant’è. Bisogna "tagliare", risparmiare, accorpare
classi e corsi, stipare più di trenta alunni per classe, con tanti
saluti alla qualità dell’offerta formativa. Sembra che la
soluzione sia la riduzione del personale, docente e no. E i primi a
pagarne le dolorose conseguenze sono i precari, quelli che non hanno
voce, dei quali non si interessano le trasmissioni televisive,
concentrate su Grandi Fratelli, Amici, e via volgarizzando.
In
questa situazione di crisi si potrebbe sostenere l’occupazione
trovando risorse nella lotta all’evasione fiscale e con contributi
di solidarietà da parte dei più ricchi. Ma il tema della lotta
all’evasione fiscale è praticamente sparito dai media e dai
discorsi dei nostri governanti e la proposta del contributo di
solidarietà è stata prontamente bocciata. Si pensa invece soltanto
a "tagliare", e pazienza se sono persone in carne e ossa
ad essere "tagliate".
Io
non scorgo alcun progetto educativo dietro questa riforma che, al
contrario, pare avere come obiettivo il progressivo logoramento
dell’istruzione pubblica, dalla primaria all’università,
attraverso la costante sottrazione di risorse. Con il pretesto di
combattere gli sprechi - che indubbiamente ci sono e vanno eliminati
- si taglia indiscriminatamente uno dei settori strategici per il
futuro del paese, mentre per le scuole private non sembrano essere
previsti sacrifici governativi, al contrario.
Vorrei
sbagliarmi, ma ho la sgradevole sensazione che tutto ciò non sia
casuale, che ci sia un preciso disegno dietro il progressivo
svuotamento della scuola pubblica. Quando questa sarà ridotta in
pezzi, chi potrà, chi ne avrà i mezzi, manderà i figli nelle
scuole e nelle università private. Gli altri dovranno accontentarsi
di una offerta formativa statale sempre più scadente. Così la
classe dirigente sarà formata per discendenza dinastica e si
auto-rigenererà, indipendentemente dal merito, mentre la
maggioranza delle altre persone che avrà dovuto accontentarsi di
quello che resterà della scuola pubblica potrà essere sempre più
facilmente "teleguidata" dai detentori del potere.
prof.
Claudio Maccherani
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